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Piccoli velivoli, grande impatto: i droni

Ente Parchi Alpi Cozie

dronei motivi di un divieto

I motivi di un divieto
Un Ente Parco, come quello che gestisce le Aree Protette delle Alpi Cozie, adotta regolamenti, normative e ordinanze che possono limitare le attività umane sia ricreative, sia residenziali e produttive. Le istituzioni chiamate a tutelare ecosistemi di particolare pregio, infatti, hanno il compito di sperimentare sempre nuove forme di coesistenza degli esseri umani in un ambiente naturale ricco di biodiversità. L’obiettivo di questa rubrica è spiegare i motivi dei divieti, aiutando il pubblico a comprendere certe restrizioni volte a conservare un territorio in salute e fruibile nel rispetto delle esigenze di tutte le specie.

Il divieto di sorvolo
La legge parla chiaro. L’articolo 3 della Legge quadro delle aree protette n.394/1991 recita: «Nei parchi sono vietate le attività e le opere che possono compromettere la salvaguardia del paesaggio e degli ambienti naturali tutelati con particolare riguardo alla flora e alla fauna protette e ai rispettivi habitat. In particolare sono vietati: […] h) il sorvolo di velivoli non autorizzato, salvo quanto definito dalle leggi sulla disciplina del volo».

Quando il testo fu discusso e redatto, la norma si applicava ai mezzi allora noti e utilizzati, tra cui aeroplani, elicotteri, modellistica a motore, deltaplani e parapendii. A oltre 30 anni di distanza la grande diffusione dei droni non modifica la sostanza dell’impianto legislativo dell’epoca in quanto – come cercheremo di spiegare nei prossimi paragrafi – il sorvolo di qualsiasi velivolo ha un impatto sugli ecosistemi. Quindi, siccome all’interno delle aree protette certe attività umane devono adeguarsi ai principi di tutela ambientale, nei Parchi delle Alpi Cozie viene autorizzato l’uso dei droni solo per scopi professionali, di monitoraggio e ricerca scientifica. L’utilizzo di aeromobili a pilotaggio remoto per questi scopi nei parchi naturali, nelle riserve naturali e nei siti Natura 2000 gestiti dalle Aree Protette delle Alpi Cozie è sottoposto ad apposita richiesta e a valutazione di incidenza.

Da un punto di vista pratico permane un’incongruenza nell’applicazione D-Flight, lo strumento ufficiale dell’Ente Nazionale Aviazione Civile (ENAC) per diffondere le “regole dell’aria” tra i piloti di drone, perché al momento i confini delle aree protette in Piemonte non vengono visualizzati tra le zone con proibizione di sorvolo nell’apposito layer della cartografia digitale. Tali divieti, tuttavia, sono stati ulteriormente ribaditi proprio da ENAC nella Cicrolare ATM-09A. In caso di dubbio si consiglia quindi di contattare sempre l’Ente Parco per ricevere maggiori informazioni e chiarimenti. 

L’impatto dei sorvoli
Rispetto al rumore e ai violenti spostamenti d’aria di aeroplani ed elicotteri, il disturbo su piante e animali generato da un drone può apparire davvero poca cosa. «Eppure – racconta Domenico Rosselli, guardiaparco delle Aree Protette delle Alpi Cozie – la letteratura scientifica ha iniziato a occuparsi dell’impatto che questi velivoli producono soprattutto sulla fauna selvatica. Per i rapaci e in generale gli uccelli predatori, il drone rappresenta un consimile in competizione che viene sovente attaccato con il rischio di ferimenti anche gravi provocati dalle eliche. Per tutti gli altri animali un aeromobile a pilotaggio remoto, anche di ridotte dimensioni, viene vissuto come una fonte di allarme. Noi stessi abbiamo effettuato alcuni esperimenti empirici sorvolando mandrie e greggi di bestiame domestico in alpeggio. Ebbene, anche il comportamento di animali abituati alla presenza umana e alle fonti di disturbo degli ambienti antropizzati risulta spesso stressato dal volo di un drone. È facile immaginare la reazione di panico che possono avere gli ungulati selvatici o, peggio ancora, la fauna più minuta come rettili o roditori che possono assimilare i droni ai rapaci di cui sono preda. Così come molte specie di avifauna che possono subire un ancor più diretto disturbo da questo meccanico consimile».

Concretamente, il personale dei Parchi delle Alpi Cozie ha assistito a diverse situazioni di conflitto tra droni e fauna selvatica, così come sono stati numerosi gli interventi da parte della vigilanza per sanzionare violazioni di piloti che non rispettavano le norme.

«Il caso più incredibile – si inserisce Giuseppe Roux Poignant, anche lui guardiaparco – mi è capitato nella zona di Bardonecchia. Alcune segnalazioni indicavano la presenza di uno strano oggetto all’interno del nido di una coppia di aquile insediatesi in quel territorio. Da un’osservazione più attenta effettuata con binocolo e cannocchiale, risultava essere un drone che, evidentemente, i due rapaci avevano predato e trasportato nel proprio ricovero. Fortunatamente dopo poco tempo, i resti del velivolo sono scomparsi, probabilmente espulsi dal nido».

Il compito di un ente di tutela ambientale consiste nell’individuare e sanzionare le situazioni che provocano grandi danni al patrimonio naturale protetto, ma al contempo prevenire e scoraggiare i comportamenti molto diffusi che, generando singolarmente un effetto limitato sull’ambiente, complessivamente possono avere impatti massicci. È questo il caso dei droni con la loro facilità di utilizzo e grande diffusione.

«Evidentemente – conclude Rosselli – qualsiasi velivolo, anche quelli più piccoli che si trovano ormai in commercio, rappresenta un elemento perturbativo nel contesto naturale di un parco o di un’area protetta. Ed è chiaro che l’entità dell’impatto dipende dall’utilizzo. Un conto è effettuare voli con l’obiettivo specifico di riprendere la fauna, cercando di avvicinarsi più possibile agli animali o ai nidi degli uccelli. Un altro è scattare qualche foto o girare qualche filmato per immortalare un bel paesaggio o una bella giornata nella natura. Tuttavia, non ci stancheremo mai di ripetere che nelle aree protette gli esseri umani devono relazionarsi con l’ambiente che li circonda evitando più possibile ogni forma di disturbo. Come i droni, per l’appunto».

 

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